Con
l’avvento di internet e delle nuove tecnologie informatiche si sono diffuse
anche nuove forme di dipendenza non legate all’assunzione di droghe legali
(alcol e tabacco) e illegali (sostanze stupefacenti), ma a comportamenti
deleteri come giocare d'azzardo o utilizzare strumenti senza i quali
l'esistenza sembra diventare priva di significato.
Nella
classifica, al primo posto il gioco d’azzardo on-line, indicato soprattutto dai
più giovani, seguiti poi dai “tradizionali” videogiochi, dal computer, dalla TV
e dai cellulari.
La
dipendenza per il gioco on-line è ormai considerata una patologia alla quale
applicare una cura simile a quella per l'alcolismo e la tossicodipendenza. In
alcuni casi i soggetti dipendenti non riescono a staccarsi dallo schermo,
rinunciando persino ai pasti. Il rischio maggiore è rappresentato dalla perdita
di contatto con la realtà, sostituita dal mondo virtuale.
L'8 per
cento dei bambini tra i 7 e gli 11 anni gioca a soldi on-line. I maschi sono i
più a rischio dipendenza e, in generale, a un adolescente su quattro
(25,2 per cento) capita a volte di perdere tutti i soldi a disposizione. Il 7,8
per cento al Videopoker, il 6,9 per cento alle Slot machine. Sul web prediligono
l'ambito delle scommesse sportive (scelte dal 20,5 per cento).
I
videogiochi rappresentano l’evoluzione tecnologica delle diverse forme di gioco
e possono indurre effetti positivi: stimolano le abilità manuali e di
percezione, e abituano a gestire gli obiettivi. Alla luce di questi dati, non
sono quindi genericamente da criminalizzare, ma dipende dall’uso che se ne fa.
L'abuso, cioè la prolungata esposizione a un videogame, senza pause e
completamente assorbiti dal gioco, può essere pericoloso. I rischi sono
rappresentati dal sovrappeso causato dalla sedentarietà, dalle difficoltà
incontrate in ambito scolastico riconducibili al poco tempo dedicato allo
studio e alla scarsa concentrazione perché distratti dal desiderio di giocare e,
infine, dall’isolamento e dalla tendenza all'introversione.
Un altro
tasto dolente della gioventù di oggi, purtroppo, è l’assunzione di bevande
alcoliche, da non trascurare, infatti il 64 per cento dei ragazzi italiani, tra
i 12 e i 18 anni, bevono alcolici. Iniziano a bere soprattutto nel periodo
della scuola media: è così per il 65,7 per cento dei ragazzi più giovani (12-15
anni) e per il 44,1 per cento dei più grandi, il 46,2 per cento dei quali ha
dichiarato di aver bevuto alcolici la prima volta dopo i 15 anni.
Un
preoccupante 21,1 per cento ha addirittura meno di 11 anni quando assume la
prima bevanda alcolica. Il 60 per cento dei ragazzi tra i 16 e i 18 anni
preferiscono cocktail e aperitivi, seguiti dalla birra (58,9 per cento), dai
superalcolici (46,4 per cento), dagli 'shottini' (41,3 per cento) e infine dal
vino (31,7 per cento).
Dati questi
che devono essere correlati alla nascita ed allo sviluppo del “binge
drinking”, cioè l'assunzione di 5 o più bevande alcoliche in un
intervallo di tempo piuttosto breve. Per i giovani vittime del “binge
drinking” non è importante il tipo di sostanza che viene ingerita né
l'eventuale dipendenza alcolica: lo scopo principale e unico di queste “abbuffate
alcoliche” è l’ubriacatura immediata e la conseguente perdita di
controllo.
Tanja D’Angelo, Emanuel Borzellino